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BLOG TOUR del libro Le cicatrici che non ho di Marianna Pizzipaolo edito Lupi Editore


Autore: Marianna Pizzipaolo
Editore: Lupi Editore
Genere: Contemporary romance
Formato: Cartaceo + eBook
Prezzo: 16,64€ cartaceo + 5,99€ eBook
Data pubblicazione: febbraio 2019
Pagine: 709
ISBN-10: 1091863202
ISBN-13: 978-1091863200
Link d’acquisto: https://amzn.to/2Xg7OU7

TRAMA:

Quattro personaggi legati da un filo invisibile: Nora, donna misteriosa dal passato sconosciuto, che ogni fine settimana scappa da Salerno, città in cui vive, e si nasconde o forse si rifugia in uno sperduto paesino della provincia.Gabriele, sfrontato, impertinente, in bilico tra sbagli ed eroina, pieno di vita e di demoni che gli corrodono l’anima. Mariè, ricco capo d’azienda, la cui vita, apparentemente perfetta, cela l’infelicità e la vacuità dei suoi giorni.David, l’uomo che tutte vorrebbero e che tutte possono avere, giovane gigolò cubano affamato di vita e di sogni mai realizzati.Quattro personaggi, due incredibili storie d’amore legate da un filo invisibile destinato a spezzarsi...

blog tour:
Buongiorno readers!!!
Per la prima volta in assoluto ho il piacere di partecipare ad un blog tour e come avete visto nella locandina il mio compito è quello di parlarvi di Gabriele uno dei protagonisti di questa meravigliosa storia.


PERSONAGGI... Gabriele:

Il suono del campanello, io che mi precipito ad aprire, e un vassoio che mi viene piazzato di prepotenza tra le mani. «Tieni!» mi sento dire mentre quello che suppongo sia Gabriele mi passa accanto e si fa largo nella stanza. «Tu devi essere Gabriele» dico chiudendo la porta stranita dall’andazzo delle cose, «l’unico e solo!» mi risponde mentre si accascia sulla poltrona, sembra stanco, un po’ sfatto. «Ok, allora ti do il benvenuto, e direi che possiamo cominciare...» mi accomodo anch’io, prendo il taccuino con le domande e, «no no aspetta! Ho portato le zeppole! Sto morto di fame, quindi prima mangiamo e poi mi fai tutte le domande che vuoi!» Io resto un po’ spiazzata, non mi aspettavo niente del genere, ma direi che una zeppola è un modo piacevole di restare senza parole, e poi da come l’ha detto non credo di avere molta possibilità di scelta. E in quattro e quattr’otto ci ritroviamo a bocca piena e con le mani sporche di zucchero, «sono davvero buonissime, grazie del pensiero!» gli dico sincera, «lo so, sono le migliori del mondo!» mi risponde facendomi l’occhiolino, «e adesso muoviamoci con queste domande che poi tengo da fare!» Non me lo faccio ripetere due volte, mi pulisco in fretta e furia le mani e comincio con le domande. «Qual è stato il giorno più bello della tua vita?» chiedo, «il giorno in cui ho iniziato i lavori al parco Del Duca, il giorno in cui facevo il primo passo per realizzare il mio più grande sogno, costruire un parco sul mare che portava il nome della mia famiglia» dice con la fierezza nella voce e la felicità negli occhi, anche se... anche se c’è qualcosa di strano, è come se fosse ovattata, è come se ci fosse un velo dietro quella gioia apparente. «E il più brutto qual è stato, invece?» «di brutti giorni ce ne sono stati tanti, forse troppi, ma me li sono meritati tutti, colpa della testa di merda che mi ritrovo. Ma forse il più brutto è stato il giorno in cui c’è stato un incidente al cantiere, e quell’incidente ha distrutto per sempre tutti i miei sogni...» ed ecco che il velo cade, che la voce viene fuori piena di rammarico mista a senso di colpa, e vorrei chiedergli altro, capire realmente cosa è accaduto, ma non me la sento, non credo sia il caso di buttare sale su una ferita aperta. «Sei mai stato innamorato?» «sì... però sono uno stronzo!» dice con gli occhi bassi, con la testa che va a finire tra le mani e le dita che si perdono tra quei ricci neri. «Perché dici così?» dico ridendo, con lui è come avere a che fare con un bambino indisponente, rimani in bilico, non sai se arrabbiarti o prenderla a ridere. «Perché è così, sono uno stronzo! Un maledetto stronzo!» non vado oltre, direi che non è il caso di chiedere altro, non vorrei arrivare a beccarmi qualche insulto scappato di bocca involontariamente. «Hai mai odiato qualcuno?» e a questo punto ho quasi paura di sentire la risposta. «Ogni santissimo giorno odio me e i demoni che mi porto dentro fin da quando ne ho memoria» «e quali sarebbero questi demoni?» gli chiedo incuriosita, «è meglio non parlarne, lasciamoli dormire...» dice sempre con la testa tra le mani, con il dolore, o forse la paura che gli segna la voce. Com’è cambiata l’atmosfera in questa stanza, com’è cambiato lui è il suo modo di porsi, dal ridere e scherzare, al guardarsi dentro... «Il tuo punto debole?» vado avanti. «Il mio cervello, e l’incapacità di tenere testa alla vita e ai problemi che si porta appresso» e mi chiedo cosa cavolo avrà nella testa questo ragazzo, è arrivato come un uragano, l’allegria negli occhi, il sorriso impertinente e spensierato di un uomo senza alcun pensiero al mondo, e invece è bastata qualche domanda, qualche parola andata più a fondo del normale e si è aperto un mondo che va ben oltre quella superficie di felicità che prova a mantenere appiccicata sulla faccia. Un mondo in cui non deve essere per niente facile vivere... «Di cosa hai paura?» «di non riuscire a combattere quei demoni che mi porto dentro da che ho memoria. Ho paura che arriverà il giorno in cui dovrò arrendermi al fatto che nonostante tutti i miei sforzi hanno vinto loro...» Ci sono battaglie difficili da vincere, altre perse in partenza, spero soltanto lui sia uno di quelli che non si arrende, non credo meriti di essere sconfitto da quei demoni che tanto teme. «Dove vorresti vivere?» «in una casa costruita con le mie sole forze, con le mie mani» e sono certa ci riuscirà, o almeno glielo auguro con tutto il cuore. «Se potessi trascorrere un giorno intero con una persona, famosa o non, viva o morta, reale o immaginaria, chi sceglieresti?» non ci pensa due volte, tutto d’un fiato risponde, «vorrei avere la possibilità di passare ancora un giorno con mio nonno Gabriele per fargli vedere che non sono più il ragazzino scapestrato che gli ha fatto passare gli anni a bestemmiare e a fargli mangiare il fegato dalla rabbia. O almeno vorrei fargli vedere che provo tutti i giorni ad essere un uomo degno di essere chiamato tale, un uomo degno di portare il suo stesso nome.» E mi fa una estrema tenerezza in questo momento, Gabriele, è come se mi ritrovassi davanti quel ragazzino che ha bisogno di soddisfare la sua sete di riscatto agli occhi di suo nonno, ed è per quel ragazzino che sono le mie ultime parole, «sono certa che tuo nonno è orgoglioso dell’uomo che sei diventato...» «Lo spero con tutto il cuore» dice mentre mi stringe la mano, si volta e va via, a provare a costruire con le sue mani la sua felicità.

Marianna Pizzipaolo:



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A presto,



 ELENA 

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